LE FORME DI PRODUZIONE SUCCESSIVE

1
NELLA TEORIA MARXISTA . 1960 - 1980
arteideologia raccolta supplementi
made n.16 Ottobre 2018
LA RIPRESA DELLE OSTILITÀ
8
pagina
FORMA SECONDARIA . CAPITOLO 3 .

I RAPPORTI DELLA FORMA SECONDARIA

La prima parte di questo capitolo è la diretta continuazione della fine del capitolo precedente, come il lato positivo è necessariamente legato a quello negativo nel movimento dialettico della vita. Il processo di dissoluzione della forma primaria è infatti contemporaneamente processo di formazione della  secondaria.   Ciò  significa,  in pratica, che i legami della comunità consanguinea hanno perduto la loro preminenza, e che la terra, ovvero le condizioni determinate dall'ambiente fisico, configurazione del suolo, acqua, clima, acquistano sempre maggiore importanza  insieme alla produzione agricola, sicché l'elemento determinante dei rapporti sociali diviene la proprietà fondiaria. Si tratta di una vera e propria rivoluzione dei rapporti sociali esistenti. La differenza può  apparire  trascurabile all'osservatore superficiale,  ma la sostituzione dei fattori fisici della natura ambiente ai fattori soggettivi di consanguineità naturale significa la rovina del comunismo primitivo, e la nascita dei rapporti di classe della proprietà privata. 

Elaborazione della base comune alla forma secondaria 

Nella comunità più arcaica si produce in comune e tra i membri associati si ripartisce unicamente il prodotto. Nella comune agricola dell'ulti­mo stadio del comunismo primitivo, la terra coltivabile viene  divisa e periodicamente ripartita tra i membri che dispongono di una casa propria e di un personale appezzamento, di modo che ogni coltivatore gestisce per proprio conto i campi che gli sono assegnati e di cui si appropria individualmente i frutti. Qui prevale ancora la proprietà comunitaria, e si è sempre nella forma primaria.  Ma  quando   ci  si   trova  di  fronte  all'usufrutto o  al possesso individuale in combinazione con la proprietà comune, si ha il modello della comune agricola della forma secondaria che può essere così caratterizzata: la terra coltivabile appartiene ai coltivatori individuali che restano associati per i loro interessi più o meno privati in maniera più o meno collettiva a fini di difesa o in vista di certe opere collettive (irrigazione, ecc.). Tale dualismo che si sviluppa nella variante asiatica diventa, alla fine, antagonistico nella variante germanica e, più ancora, in quella greco-romana. Queste definizioni ci permettono di correttamente situare sia le diverse evoluzioni sia il cammino percorso da una forma all'altra.
Dacché il dualismo tra proprietà collettiva e possesso privato è nettamente delineato, si rinvengono tutti i presupposti per la formazione delle classi e della proprietà privata. È l'inizio del movimento che vedrà il dominio degli uomini ad opera della loro stessa produzione, della loro riduzione prima ad appendici della terra, schiavi o servi, e poi a lavoratori salariati asserviti al capitale.
Nella variante asiatica questa evoluzione è più generale ma non ancora profonda: l'individuo non diviene mai proprietario, ma solo possessore; egli stesso è, in fondo, la proprietà e lo schiavo di colui che incarna l'unità della comunità (p. 472).
Gli uomini difesero un tempo i loro interessi più immediati opponendo­si a questo "progresso" delle prime società di classe. Il trapasso, che si fece nel fragore delle lotte e tra grida di dolore, durò secoli e secoli, nei quali vennero strappati all'umanità i legami comunitari. Ma per la marcata delimitazione delle prime strutture di classe, nella variante antico-classica più che in quella asiatica o germanica, si dové attendere un certo grado di sviluppo della forma secondaria. E ancora sarà necessario un ulteriore assalto perché dallo schiavo si passi al servo della gleba nel processo di spoliazione del produttore dall'oggetto e mezzo di lavoro che conduce diritto alla nuda forza lavoro: il lavoratore salariato.
Un ruolo essenziale è svolto in tale evoluzione dalle esteriori forze naturali, essendo i rapporti sociali di questa forma determinati dalla produzione agricola. È d'uopo, a questo proposito, una piccola osservazione metodologica: se il marxismo sempre pone in rilievo la base fisica e le parti integranti del processo di produzione, mai però le stacca dal quadro dei loro rapporti sociali o modo di produzione dato. Per questo, a quanti fanno giochi di destrezza soggettivi con i rapporti sociali staccati dal loro contesto materiale storicamente ed economicamente ben determinato, va preferito il metodo, pur difettoso, di un Wittfogel, che nelle sue descrizioni della forma asiatica poneva con insistenza l'accento sulle caratteristiche fisiche ambientali, sottovalutando la dialettica dei rapporti sociali, consanguinei o meno, che accompagnano l'evoluzione materiale.
In questa fase, l'analisi delle condizioni fisiche è fondamentale, in quanto sono proprio queste ultime a determinare per l'essenziale il rivolgi­mento che porterà alla forma secondaria, nell'una o nell'altra delle sue varianti, a seconda che l'ambiente fisico favorisca questo o quel tipo di agricoltura. Balza in primo piano il concreto processo di lavoro, ed è a partire da esso che potremo definire ciascuna delle varianti del modo di produzione in esame. È la geografia (geologia, clima, ecc.) che spiega la comunanza di destino, nell'ambito della variante asiatica, di un territorio immenso che si estende dall'Asia all'Africa all'America del Sud, con paesi classici quali l'Egitto, l'Assiria, Babilonia, la Cina, l'India e l'Arabia. Non a caso le due varianti che, fondendosi, assicurarono il trapasso su larga scala al feudalesimo [1] ebbero origine in India e sede in Europa: la variante schiavista sulle rive del Mediterraneo, quella germanica al centro del continente.
Si è accusato Marx falsamente – c'è bisogno di  dirlo? – di eurocentrismo, e questo nostro studio che segue la genesi del feudalesimo e del capitalismo (che si sono per lo più concentrati in Europa) sembra avallare tale deformata visione in quanto pone in primo piano l'analisi della dinamica di uno sviluppo sociale che nel continente europeo è stato spontaneo e rapidissimo. Nell'analisi della forma di produzione asiatica balzerà agli occhi l'importanza da Marx attribuita allo sviluppo e all'apporto dei paesi di colore, tanto nella genesi delle prime varianti della forma secondaria che nel fenomeno dell'accumulazione ulteriore del capitale. Il grosso dei lavori inediti di Marx verte  proprio sulla descrizione delle forme extraeuropee: non conosciamo ancora le migliaia di pagine da lui dedicate allo studio delle forme sociali della Russia [2],  come  largamente inediti restano pure i suoi testi sull'India e sull'Etnologia. Noi anche tralasceremo i passi che concernono i tipi derivati e transitori dell'India e della Russia, in quanto non entrano nella filiazione diretta sfociante nel capitalismo, per cui accentueremo ulteriormente lo squilibrio a favore delle condizioni europee a scopo di semplicità e di chiarezza nell'esposizione. Da ciò non potranno tuttavia trarsi argomenti contro le concezioni universali del marxismo.
Ma veniamo alle specifiche condizioni naturali che causavano la diversità delle varianti della forma secondaria. L'ambiente fisico spiega perché lo schiavismo e il servaggio – questi rapporti della proprietà tribale divenuti negativi sulla terra e le sue appendici, il mezzo di lavoro e l'individuo – incisero di meno sulla FORMA ASIATICA che non su quella antico-classica Le conquiste ebbero,in Asia scarso peso sui rapporti sociali: non a caso la Cina è il solo paese il cui suolo abbia visto svolgersi senza discontinuità la storia di una stessa razza (i ceti dirigenti degli invasori sono stati ogni volta digeriti dalla massa cinese). Così mentre la forma asiatica è stata testimone di una saldissima unità tra agricoltura e manifattura, garanzia di uno stabile approvvigionamento, la variante antico-classica, nonostante il poderoso sviluppo dei mezzi di lavoro nell'artigianato e nella manifattura, è evoluta in direzione di un netto predominio dell'agricoltura e della grande proprietà fondiaria.
Il segreto di tale differenza si trova nel processo di lavoro. Dal punto di vista fisico, il processo di produzione agricolo riguarda due elementi naturali essenziali: la terra e l'acqua, regolati dal lavoro umano. L'acqua, che rappresenta il movimento, è determinata fisicamente dal clima (calore, vento ecc). È l'acqua ad apportare alla terra e ai vegetali non solo l'umidità, senza la quale non vi sarebbe comunicazione tra di loro, ma anche i principi nutritivi, le sostanze organiche in essa disciolte, perché possa prodursi il metabolismo, quindi funzione essenziale dell'acqua al di là dei modi di produzione. Esiste una relazione precisa fra livello delle piogge e impiego dei concimi, il che favorisce in regime capitalista la coltura di alcuni vegetali molto redditizi – cereali, barbabietole da zucchero, patate, ecc. – nelle zone ad alta piovosità. Ma, al basso livello di sviluppo delle forze produttive che stiamo considerando, allorché la chiave dei rapporti sociali è la proprietà fondiaria, sarà l'acqua, cioè il movimento nell'agricoltura, a determinare la forma o il modo di produzione e di lavoro.
Consideriamo un po' più da vicino questo fattore dominante. La stessa acqua è il risultato convergente di presupposti naturali della produzione agricola: CONFIGURAZIONE GEOGRAFICA (fiumi, laghi, mari, montagne, valli, ecc), CLIMA e TEMPERATURA, quindi PIOGGE, poiché tutti questi elementi sono legati tra loro in maniera specifica a seconda delle regioni.
L'acqua piovana può irrigare la terra in quantità sufficiente e nei momenti propizi per l'agricoltura, come nelle zone temperate d'Europa, dove il processo dell'agricoltura può effettuarsi quasi sempre senza l'ausilio dell'irrigazione artificiale o di un sistema di serbatoi che conservino l'acqua per i periodi di siccità; o in quantità insufficiente e nei momenti meno opportuni, come soprattutto in Arabia e in Asia, dove l'agricoltura o è praticamente impossibile, oppure è praticabile soltanto con un apporto razionale  di acqua, con un sistema di irrigazione artificiale realizzato da individui che, a questo basso livello di sviluppo delle  forze produttive, lavorino in associazione diretta.
Nella forma asiatica i lavori di irrigazione comportarono un enorme aumento del rendimento del lavoro individuale che consentì di nutrire una massa assai più numerosa di individui.
L'irrigazione è fattore di tale importanza nello sviluppo delle forze produttive in generale che, sottolinea Marx, sono state proprio Italia e Fiandre, che irrigavano a partire dalla cooperazione mercantile legata a uno sviluppo già molto più avanzato delle forze produttive sotto la direzione di imprese private, a fornire per prime al capitalismo la sua base materiale [3]. Il capitalismo nasce infatti nell'agricoltura che fornisce un eccedente sufficiente perché gli uomini, una volta nutriti e provvisti di materie prime, possano dedicarsi all'industria.
Dalle condizioni ambientali materiali, passiamo all'aumento delle forze produttive e quindi ai rapporti sociali delle diverse varianti, non perdendo di vista l'evoluzione fondamentale nella variante che si può ritenere la madre della forma secondaria: il modo di produzione asiatico.
Più la produzione nelle terre irrigate si intensifica, più si rimpicciolisco­no le superfici necessarie al mantenimento dei produttori immediati, meno l'impiego di bestie da soma (o di schiavi), risulta vantaggioso. Nelle zone irrigue, la produzione dipende per un verso dagli interventi statali in opere di pubblico interesse, per l'altro dall'impegno con cui i lavoratori coltivano la terra. Siffatta organizzazione richiede una specifica manodopera, e lo schiavo vero e proprio, privo di proprietà e di legami sociali, non risponde alle condizioni volute. I pochi schiavi presenti sono quindi schiavi di lusso, legati al sovraprodotto e impiegati come domestici nell'artigianato e nell'agricoltura.
Lo schiavismo è assente anche dalla variante germanica, ma per ragioni di arretratezza sociale, poiché il processo di lavoro è ivi il meno complesso e il meno sviluppato: In questo stadio, il modo di produzione è meno decisivo del grado di decomposizione – più o meno avanzato – degli antichi legami di consanguineità e dell'antica reciproca comunità dei sessi in seno alla tribù [4].
Non dunque lo schiavismo velato della variante asiatica ma quello manifesto, generale e decisivo per la produzione, della variante antico-classica, fornirà il modello del servo della gleba del modo di produzione successivo.
Il servaggio e l'assoggettamento alla corvè non sono una forma specificamente medievale e feudale: la si incontra ovunque, o quasi, il conquistatore fa coltivare la terra per proprio conto dagli antichi abitanti – nella Tessaglia ad esempio molto presto [5].
Nonostante le differenze specifiche delle tre varianti, differenze che si accentueranno sempre più nel corso dello sviluppo, Marx così definisce i rapporti di proprietà e di appropriazione della forma secondaria: Nella forma asiatica come in quella slava, antica e germanica, la proprietà significa anzitutto rapporto del soggetto (che lavora, produce e si riproduce) con le condizioni della sua produzione o riproduzione che egli considera come proprie. La proprietà avrà dunque forme diverse a seconda delle condizioni di questa produzione, il cui scopo è la riproduzione del produttore nelle e con le sue condizioni oggettive di esistenza. Questo comportamento dell'individuo come proprietario è non il risultato, ma il presupposto del lavoro, cioè della produzione: implica una forma d'esistenza determinata dell'individuo in quanto MEMBRO DI UNA TRIBÙ o DI UNA COMUNITÀ', DELLA QUALE EGLI STESSO È FINO A UN CERTO PUNTO PROPRIETÀ [6] (cioè schiavo).
L'individuo deve appartenere a una comunità – ormai degradata della sua preminenza e determinata negativamente in quanto subordinata alle condizioni dell'ambiente naturale – a causa della debolezza delle forze produttive: la comunità va dunque autonomizzandosi e sviluppandosi in contrapposizione ai produttori, i quali saranno sempre più assoggettati ai rapporti di produzione.
Nella forma secondaria, tuttavia, l'individuo è presupposto COME MEMBRO DI UNA COMUNITÀ', e QUESTA COMUNITÀ' È MEDIATA NELLA SUA FORMA DAL SUO RAPPORTO CON LA TERRA nel processo di lavoro sociale. Il suo comportamento di fronte alle condizioni oggettive del lavoro – strumenti, materie prime ecc. –, resta dunque mediato dal suo modo d'esistenza in quanto membro della comunità, mentre l'esistenza di quest'ulti­ma è determinata dalle condizioni oggettive del lavoro – la proprietà fondiaria. Nel corso dell'evoluzione della variante antico-classica, i patrizi non dovranno quindi far altro che appropriarsi la proprietà fondiaria e con ciò usurpare la comunità ormai autonomizzatasi di fronte ai suoi membri che lavorano per venire in possesso anche dei mezzi di lavoro e dei produttori ad essi legati. Ma tale rapporto raggiungerà la piena maturità soltanto con i Greci e i Romani. Nella variante asiatica, una simile ben delimitata evoluzione di classe non può avere luogo: si assiste solo al primo passo verso l'autonomizzazione della comunità nell'unità suprema dello Stato che tutto ingloba, tale evoluzione facendosi attraverso le opere pubbliche collettive  con una conseguente funzione primaria della comunità, la quale, anziché essere comunità di individui, sarà dominata dalla proprietà fondiaria. Nella variante germanica l'individuo soppianterà, per così dire, lo Stato, organizzando la comunità a proprio profitto, ma soccomberà anch'egli alla proprietà fondiaria, la cui preminenza caratterizza la forma secondaria. Proprio per questo essa costituisce il cammino più rapido verso l'ulteriore rapporto di servaggio, in cui il contadino è vincolato alla gleba mentre la proprietà fondiaria viene accaparrata e dominata dalla gerarchia feudale.
Nelle varianti germanica e classico-antica, l'individuo modificherà maggiormente il proprio rapporto con la comunità – trasformando contemporaneamente se stesso – attraverso la dissoluzione dei primitivi rapporti comunitari, il che comporterà una liberazione di nuove forze produttive.
Insomma, la forma secondaria si presenta ovunque come l'estremo sviluppo della formazione sociale arcaica, che vi si determina negativamente instaurando alla fine lo schiavismo o l'asservimento dei produttori. Se nella storia europea la comune agricola assicurò la transizione dalla proprietà comune alla proprietà privata, nella variante asiatica, in cui l'elemento collettivo conservò la preminenza, questo trapasso non giunse a termine: l'ambiente fisico determina se l'evoluzione si attua in un senso o nell'altro. 

1.  LA VARIANTE ASIATICA DELLA FORMA SECONDARIA

Determinazioni essenziali della proprietà fondiaria 

La variante asiatica costituisce il primo passo verso l'inversione dei rapporti comunitari sotto l'influenza della proprietà fondiaria. Tali rapporti comunitari si renderanno autonomi di fronte agli individui perché i nuovi presupposti della produzione richiederanno lavori collettivi – ad esempio l'irrigazione – per permettere agli individui di vivere e lavorare. Ma nella variante asiatica, l'utilità stessa dei lavori pubblici impedirà alla comunità impegnata in queste funzioni di evolvere negativamente nei confronti dei produttori individuali – come avverrà invece nella variante antico-classica, in cui la comunità, monopolizzata dai rappresentanti della proprietà privata, finirà per opprimere i produttori.
La chiave dello sviluppo della variante asiatica è dunque lo Stato, nel quale si concentrano i legami comunitari. Cominciamo dunque di qui il nostro studio.
Lo Stato asiatico non dev'essere considerato come dispotico nel senso morale o politico di una società divenuta conservatrice e reazionaria che con mezzi di repressione di ogni specie impedisce alle nuove forze rivoluzionarie di giungere al potere.
Esso corrispondeva infatti ad una esigenza comunitaria: i lavori cominciarono nel retroterra dei corsi d'acqua e dei fiumi per conquistarne sempre più il corso centrale, compito durante il quale incombeva allo Stato centralizzatore di spazzar via gli ostacoli non solo materiali, ma sociali, che ingombravano la strada, e di riunire i lavoratori necessari. L'uomo, lavorando socialmente, si forgiò in tal modo una "macchina naturale", il cui impiego giudizioso gli permette di intensificare l'agricoltura fino a conferirle un carattere orticolo (fino a quattro raccolti all'anno), ossia ad un grado sconosciuto nei paesi agricoli pluviatili (zone delle varianti europee della forma secondaria).
Ma le zone di nomadismo o irrigue hanno la stessa base naturale e perciò conoscono essenzialmente la stessa forma collettiva di proprietà fondiaria che determina rapporti simili, benché sovente opposti, poiché i nomadi tentano costantemente di soppiantare l'agricoltura sedentaria. Così, dall'Asia sino all'Africa del Nord e del Centro, ad esempio, si rinvengono fianco a fianco regioni di nomadismo e irrigue.

> Da tempo immemorabile sono esistiti in Asia, in generale, tre ministeri governativi: quello delle finanze, o del saccheggio all'interno; quello della guerra, o del saccheggio all'esterno; e infine, il ministero dei lavori pubblici. Il clima e le condizioni del territorio, particolarmente le vaste distese di deserto che dal Sahara, attraverso l'Arabia, la Persia, l'India e la Tartaria si estende fino ai più elevati altipiani asiatici, fecero dell'irrigazione artificiale ... la base dell'agricoltura orientale. Come in Egitto e in India, anche in Mesopotamia e in Persia, ecc, le inondazioni sono utilizzate per fertilizzare il suolo; si sfruttano le piene per alimentare i canali d'irrigazione. Quindi a tutti i governi asiatici s'impose una funzione economica, la funzione di provvedere ad opere pubbliche [7].

Ma i nomadi, organizzati in società militari armate, possono conquistare facilmente le zone irrigue per trasformarle in pascoli. Lo Stato del modo di produzione asiatico, per assicurare ai coltivatori la continuità del processo di lavoro, oltre alle funzioni di coordinatore dei giganteschi lavori di irrigazione con la cooperazione di enormi masse umane deve perciò assumere anche funzioni militari. Tutta la storia del Medio Oriente, dall'antica Babilonia alla moderna Algeria, si spiega con questi fattori: l'assenza della proprietà privata del suolo, cioè la proprietà fondiaria collettiva, fornisce la chiave per tutto l'Oriente [8].
Le opere idrauliche determinano dunque qui in maniera specifica i rapporti sociali: Una delle basi materiali del potere centrale sui piccoli e sconnessi organismi di produzione in India, fu la regolamentazione delle acque. I conquistatori musulmani dell'India ne ebbero coscienza più dei loro successori inglesi. Basta ricordare la carestia del 1866, che costò la vita a più di un milione di Indù nel distretto di Orissa, nel Bengala [9].
Per comprendere la natura dello Stato che domina la comunità e gli individui produttori nella variante asiatica bisogna considerare le condizioni materiali di produzione:
È sempre il rapporto immediato tra i proprietari delle condizioni di produzione e i produttori diretti – un rapporto la cui forma corrisponde sempre naturalmente ad un grado di sviluppo determinato dei modi in cui si attua il lavoro, e quindi della sua forza produttiva sociale – in cui noi troviamo l'intimo arcano, il fondamento nascosto di tutta la costruzione sociale e quindi anche della forma politica del rapporto di sovranità e di dipendenza, in breve della forma specifica dello Stato in quel momento [10].

Nella forma asiatica, la base è indubbiamente la proprietà fondiaria che si prolunga nel mezzo di lavoro (lavori d'irrigazione saldamente legati alla condizione naturale della terra). Alla questione del perché gli Orientali non siano pervenuti alla proprietà fondiaria privata, nemmeno di tipo feudale, Engels risponde che ciò dipende dal clima, unitamente alle condizioni del suolo: l'irrigazione artificiale è qui la condizione primaria dell'agricoltura, ed essa è prerogativa o dei comuni o delle province o del governo centrale. Certo esistono differenze da un paese all'altro, a seconda della natura di questo mezzo di produzione: l'irrigazione artificiale può effettuarsi mediante canali ed altre opere idrauliche, oppure attraverso la regolazione del sistema fluviale esistente.   In  Egitto   e   in   India,  come   in  Mesopotamia  e  in Persia, le inondazioni servono, come abbiamo visto, a fertilizzare il suolo, e si sfruttano le piene per alimentare i canali d'irrigazione. Questi compiti vanno di pari passo con lo sviluppo dei mezzi di comunicazione. Ma è in Cina che il sistema è stato più completo e l'unità centrale dunque più forte. In ogni caso, la variante asiatica viene determinata dalle condizioni collettive nell'appropriazione reale mediante il lavoro, in quanto l'opera collettiva si presenta come il presupposto del lavoro individuale. In India lo spazio del paese è occupato da piccole comuni isolate le une dalle altre e collegate tra di loro dal governo dispotico centrale. Le poche città si formano accanto a questi innumerevoli villaggi nei punti favorevoli al commercio con l'esterno, ed è in questi rari punti che si riversa e si consuma il sopralavoro estratto dalle comuni locali. 

Strutture e rapporti sociali 

Nella forma asiatica si opera, sulla base della distribuzione dei mezzi di produzione nell'agricoltura, una scissione — che non diventa mai una opposizione — nei mezzi di lavoro: da una parte, lo Stato detiene le funzioni economiche delle opere pubbliche che servono di base all'attività degli individui, mentre le comuni locali ne organizzano le attività direttamente produttive [11].
Insomma, a differenza delle varianti europee, in cui il dualismo tra proprietà collettiva e proprietà privata è dato fin dall'inizio, sicché alcuni proprietari privati giungeranno ad impadronirsi, più o meno apertamente, della proprietà collettiva, nella variante asiatica, la proprietà collettiva della terra e del mezzo di lavoro a grande scala, concentrata nell'Unità superiore dello Stato (o sovrano), impedisce la formazione autonoma della proprietà privata vuoi tra i produttori immediati delle piccole comunità, vuoi tra gli usurai, mercanti, ecc. che non possono accaparrarsi la terra.
L'Unità complessiva che sovrasta le piccole comunità figura qui come il proprietario supremo, il proprietario unico, in quanto le comuni non godono in fondo che del possesso ereditario del suolo, inoltre, dal momento che comunità e individui possono produrre solo grazie al lavoro collettivo, la base comunitaria è solida. L'unità suprema, che in ultima istanza si incarna in una persona – il despota –, è di fatto rappresentata dai lavori collettivi e dalle funzioni della burocrazia civile, militare e religiosa.
Abbiamo già sottolineato l'importanza dell'organizzazione militare quale presupposto della riproduzione­ne del processo di produzione. Nel Capitale I (sez. V, cap. XIV) Marx dà un esempio di altre funzioni che derivano dal processo di produzione immediato, e che poi a loro volta lo influenzano: la necessità di calcolare i periodi di piena e magra del Nilo è all'origine dell'astronomia egiziana e, nello stesso tempo, del dominio della casta sacerdotale come direttrice dell'agricoltura.
In queste condizioni, il prodotto eccedente (plusvalore) andrà in parte o totalmente a questa Unità suprema che assicura le condizioni generali di esistenza e di produzione, mentre il rimanente è direttamente consumato dalla comune locale e dalle famiglie che la compongono. Queste ultime possiedono in proprietà privata gli strumenti primitivi da utilizzare nel lavoro sulla parcella familiare, mentre le conoscenze tecniche e i mezzi di lavoro sviluppati sono utilizzabili essenzialmente nelle opere pubbliche. Niente osta a che le famiglie lavorino in comune i campi dai quali esse traggono i mezzi di sussistenza, dal momento che sono co-proprietarie di parcelle più o meno equivalenti. Gli appezzamenti possono essere individuali, mentre certi terreni (foreste, pascoli, ecc.) rimangono proprietà comune indivisa, di cui ciascuno ha l'usufrutto secondo i propri bisogni reali del momento. Questo rapporto, assolutamente accessorio e secondario in seno alla variante asiatica, diventerà fondamentale nella variante germanica, una volta che le tribù partite dall'India troveranno una base fondiaria in cui l'elemento essenziale della forma originaria – l'irrigazione – non avrà più ragion d'essere.
L'autorità di cui il despota gode in quanto Unità suprema, può trasmettersi al patriarca della comunità o delle diverse famiglie. La comunità deve la sua stabilità all'unione indissolubile tra agricoltura e artigianato domestico che le consentono di essere autosufficiente e formare un mondo chiuso e isolato.
Non solo queste società asiatiche durarono millenni, ma opposero altresì una feroce resistenza al capitale: In India e in Cina, l'unità della piccola agricoltura e dell'industria domestica costituisce la vasta base del modo di produzione, a cui s'aggiunge ancora in India la forma delle comuni rurali basate sulla proprietà fondiaria comune, che era del resto anche in Cina la forma originaria. È in Cina, aggiunge Marx, che la resistenza fu più viva [12]. 

Combinazione di proprietà fondiaria e artigianato 

Come si è già accennato, il dominio incontrastato della proprietà fondiaria collettiva fa sì che l'artigianato sia, nella variante asiatica, strettamente legato all'agricoltura senza possibilità di staccarsene, come invece avverrà nelle varianti europee.
La divisione manifatturiera del lavoro presuppone la separazione dell'industria (città) dall'agricoltura (campagna). In Asia, la predominanza di quest'ultima non consente questa separazione e impedirà dunque lo sviluppo della manifattura. Le città non sono qui che appendici della campagna di cui vivono, assorbendo il plusvalore e dedicandosi al sopralavoro della guerra, ecc.
Il formidabile sviluppo del mezzo di lavoro (opere pubbliche, irrigazioni­ni, comunicazioni, ecc.) si innesta dunque direttamente sullo sviluppo gigantesco della proprietà fondiaria collettiva, da cui è inseparabile nella variante asiatica. Perciò non può evolvere autonomamente verso l'artigianato e le manifatture, ma sì ripercuote nondimeno sulle forze produttive non solo del contadino, ma anche dell'artigianato di villaggio o di casta.
La dialettica dello sviluppo delle forze produttive mostra qui luminosa­mente che la forza lavoro individuale può sorgere e crescere solo sulla base della forza collettiva della comunità di ciascun periodo di produzione.
Ma se nella variante asiatica lo schiacciante predominio della proprietà fondiaria e del mezzo di lavoro da essa monopolizzato frenerà ancora lo sviluppo della forza lavoro individuale dappertutto imbrigliata, nelle varianti germanica e classica la proprietà privata si autonomizzerà già e verrà assegnato allo Stato un ruolo più limitato, da cui risulta una forma più dinamica ed efficiente negli affari pubblici: a seguito delle conquiste militari in Medio Oriente si stabilirono fra l'Europa e l'Asia rapporti economici attraverso il Mediterraneo che consentirono agli artigiani greci e romani di appropriarsi le tecniche superiori sviluppate dall'Oriente.
Natura e forma dell'artigianato della variante asiatica sono difficili da stabilire e possono essere comprese solo se raffrontate con l'artigianato pervenuto a maturità in una forma di produzione superiore. Come rileva Marx, l'autonomia di una branca della divisione del lavoro comporta una maggiore produttività: le arti sono arrivate in Egitto ad un alto grado di perfezione, perché esso è il solo paese in cui gli artigiani non intervengono mai negli affari di un'altra classe di cittadini, in quanto essi sono costretti per legge ad assolvere la loro unica vocazione ereditaria. Queste caste e corporazioni di mestiere nascono per la stessa legge di natura che regola la divisione della flora e della fauna in specie e sottospecie; solo che, a un certo grado di sviluppo, l'ereditarietà delle caste e l'esclusività delle corporazioni viene decretata come legge sociale [13].
L'artigianato della forma secondaria non poteva ancora elevarsi alla manifattura capitalistica: esso dovrà prima ulteriormente autonomizzarsi nella forma di produzione terziaria del feudalesimo. Nella variante asiatica l'artigianato è infatti ancora combinato all'agricoltura, mentre nella variante antico-classica esso sarà dipendente dalla proprietà fondiaria, e solo nella forma germanica, in cui sarà tuttavia meno sviluppato, coesisterà con l'agricoltura; si può seguire questo sviluppo leggendo nella colonna livello tecnologico nello Schema delle forme di produzione successive in fondo al testo.
Nelle   varianti   asiatica  e  antico-classica,  l'ampiezza  dell'artigianato discende non dal suo sviluppo autonomo ma dal suo legame con la proprietà fondiaria e col mezzo di lavoro di grande estensione. Nel Capitale I, capitolo sulla cooperazione, Marx definisce naturale la cooperazione che sfocia "in maniera meravigliosa nelle colossali opere degli antichi asiatici, Egizi, Etruschi, ecc".  La causa va ricercata "nel  potere degli Stati asiatici di disporre delle mani e delle braccia di quasi tutta la popolazione non agricola e nel dominio assoluto dei monarchi e dei sacerdoti su quell'eccedenza". Questa cooperazione semplice poggiava su fattori naturali: il numero dei lavoratori e la concentrazione diretta dei loro sforzi. "Tali imprese titaniche sono state rese possibili dalla concentrazione dei mezzi di sussistenza dei lavoratori in una o poche mani". E Marx conclude che il gigantesco accrescimento delle forze produttive ottenuto col semplice mezzo della cooperazione di masse immense è assolutamente gratuito e viene oggi monopolizzato dai capitalisti, dopo esserlo stato dagli schiavisti [14].
Ma ricorda pure a questo proposito che col progresso delle società di classe cresce anche l'alienazione, e che l'antico artigiano era meno mutilato del moderno lavoratore: mentre la manifattura moderna ha scomposto il lavoro in procedimenti parziali riducendolo a operazioni semplici, "il tessitore indiano compiva un lavoro estremamente complicato in confronto alla maggioranza degli operai manifatturieri" [15].
E proprio dall'Oriente provengono i primi elementi di quell'arte manifatturiera oggi sfociata nella meccanizzazione e nell'automazione del processo di produzione. Ma perché un tale trasferimento potesse operarsi, rapporti sociali meno sclerotizzati dal determinismo delle locali condizioni produttive dovevano rilevare le conquiste acquisite: questa fu la funzione storica delle varianti antico-classica e germanica, le quali nella variante asiatica trovarono le loro strutture premodellate e non dovettero far altro che svilupparle nelle favorevoli condizioni ambientali europee. Senza dimenticare che l'enorme sviluppo delle forze produttive, ad esempio in India, provocò un'eccedenza di popolazione che si riversò in successive ondate migratorie su tutta l'Europa, dal Mediterraneo fino al Mar del Nord e all'Atlantico.
Uno studio rigoroso delle forme di proprietà collettiva in Asia, in particolare indiane, dimostrerebbe come le differenti forme di proprietà primitiva (forma primaria) abbiano, dissolvendosi, dato origine a diverse forme di proprietà. Si possono così ricostruire i differenti tipi di proprietà romana e germanica a partire dalle forme esistenti in India [16]. Marx, che disponeva all'epoca di scarso materiale documentario (col vantaggio però che allora gli storici borghesi non deformavano con i loro pregiudizi quanto gli innumerevoli specialisti odierni le loro indagini e conclusioni), trovò conferma in Maurer della sua "ipotesi secondo la quale dappertutto in Europa l'inizio è costituito da forme di appropriazione asiatiche, specie indiane" [17]. Egli vi vedeva il più grandioso esempio di collaborazione della razza di un continente alla creazione  di un nuovo modo di produzione e di civiltà in un altro continente.
Marx conosceva già il fatto "che stupì gli ufficiali britannici, ossia che l'India è stata la sorgente delle nostre lingue e religioni", ma dovette al suo accanimento se riuscì a scoprire che nel jat (casta di contadini proprietari dell'India settentrionale) si ritrovava il tipo del Germano antico, e quello del Greco antico nel bramino [18].
Il riconoscimento di questa parentela ci fornisce un prezioso filo conduttore per seguire la trasformazione della forma-madre indiana e il suo passaggio al modo di produzione secondario nei tipi classico-antico e germanico, la cui fusione ulteriore darà origine al feudalesimo che evolverà spontaneamente verso il capitalismo.


pagina


[1] La maggior parie degli autori ha trascurato l'osservazione di Marx secondo cui il feudalesimo si è sviluppato spontaneamente in Asia, e avrebbe dunque potuto in seguito conoscere anche uno sviluppo spontaneo – e non importato o imitato – del capitalismo: "Il Giappone, con la sua organizzazione prettamente feudale della proprietà fondiaria e della piccola coltura, ci fornisce un quadro del Medioevo europeo molto più fedele di tutti i nostri libri di storia infarciti di pregiudizi borghesi. È troppo comodo essere "liberali" a spese del Medioevo" (Marx, Il Capitale I, cap. XXIV, Espropriazione della popolazione rurale e sua espulsione dalle terre).
[2] Uno dei problemi fondamentali sottolineati da Marx nei suoi studi russi è, oltre alla questione agraria, il fenomeno della regressione sociale per cui la Russia, che nel X secolo si trovava allo stesso livello del resto d'Europa, ricadde, con l'invasione dei Tartari, al livello dell'Asia, sicché nel 1917 dovette compiere dapprima la rivoluzione borghese di febbraio e non poté abbordare la rivoluzione socialista d'Ottobre che in condizioni economiche arretrate.
I testi su questa regressione della Russia furono pubblicati dalla figlia di Marx e in seguito occultati dalla Russia ufficiale: Rivelazioni sulla storia diplomatica del XVII secolo, e La Questione orientale.
Un altro problema centrale (che derivò dalla regressione sociale russa) fu "che lo zarismo divenne la maggior potenza conservatrice europea e dominò tutto il continente, con gran vantaggio del capitalismo inglese, esultante che la Russia lo liberasse da ogni nuovo concorrente borghese. Cf. a questo proposito il testo di Riazanov sull'Origine dell'egemonia russa in Europa, in Marx-Engels, La Russie, Editions 10/18, Paris, p. 15-57.
[3] Cf. Marx, Il Capitale I, Sez. V, cap. 14, Plusvalore assoluto e relativo.
[4] Cf. Engels a Marx, 8.12.1882.
[5] Cf. Engels a Marx, 22.12.1882.
Ed Engels proseguendo: "Questo fatto ha oscurato lo  sguardo persino  a me e a parecchi altri nelle indagini sul servaggio medievale: si è troppo inclini a fondarlo semplicemente sulla conquista – il che rende la cosa tanto chiara e liscia".  
[6] Cf. Marx, Grundrisse, cit, p. 475-76.
[7] Cf. Marx, La dominazione britannica in India, in N.Y. Daily  Tribune, 25.6.1853. Ora in K. Marx-F. Engels, India Cina Russia, Milano 1976, p. 72-73.
[8] Cf. Marx a Engels, 2 giugno 1853 e Engels a Marx, 6 giugno 1853.
[9] Cf. Marx, Il Capitale I, sez. V, cap. XIV, Plusvalore assoluto e relativo.
[10] Cf. Marx, Il Capitale III, sez. VI, cap. 44, II.
[11] Nel Capitale III, cap. 44, sulla Genesi della rendita in lavoro, Marx dà le seguenti precisazioni sui rapporti asiatici di proprietà: "Supponiamo che il produttore diretto possieda qui i propri mezzi immediati di produzione. Egli coltiva il suo campo ed esercita in modo autonomo l'industria rurale domestica connessa. Questa autonomia persiste anche quando i piccoli contadini - come avviene ad esempio in India - costituiscono una comunità di produzione più o meno primitiva, poiché qui si tratta soltanto di indipendenza di fronte al proprietario fondiario nominale. Ora, questi produttori diretti non hanno rapporti con proprietari particolari, ma direttamente con lo Stato, perché in Asia il proprietario è nello stesso tempo il sovrano. La sovranità è qui la concentrazione su scala nazionale delta proprietà fondiaria".
Nel I Libro del Capitale (sez. IV, cap. XII, 4) Marx descrive l'organizzazione interna di una comunità di villaggio in India, riprendendo i dati della sua lettera a Engels del 14 giugno 1853.
[12] Cf. Marx, Il Capitale III, cap. XX, Cenni storici sul capitale commerciale.
[13] Cf. Marx, Il Capitale I, sez. IV, cap. XII, 2, L'operaio parziale e il suo strumento di lavoro.
[14] Cf. Marx, Il Capitale 1, sez. IV, cap. XI, Cooperazione.
[15] Ct. Marx, Il Capitale I, sez. IV, cap. XII, 2. L'operaio parziale e il suo strumento di lavoro.
[16] Cf. Marx, Per la critica dell'economia politica, cap. I, Roma 1974, p. 18 nota 1.
[17] Cf. Marx a Engels, 14 marzo 1868.
[18] Cf. Marx, I risultati futuri della dominazione britannica in India, in New York Tribune, 8 agosto 1853. Ora in K. Marx-F. Engels, India Cina Russia, cit, p. 90. Il jat è una casta che si è sviluppata nel Nord dell'India. È composta essenzialmente di piccoli contadini. I bramini costituiscono una delle più antiche caste indiane.
pagina